Quando il copywriting influenza il ROI

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Domanda a bruciapelo: il copywriter può influenzare il ROI, ovvero la differenza tra capitale investito e risultato operativo? Risposta secca, basata su esperienza personale: sì, certo. Nell’equilibrio generale di un progetto web la scrittura può portare a un beneficio concreto. E a un ritorno degli investimenti degno di attenzione.

Perché questo significa ROI, giusto? Return of investiment, ho messo sul banco una cifra e voglio sapere quanto è entrato nelle casse dell’azienda. Un punto da sottolineare prima di prendermi responsabilità inutili: il ROI è un valore complesso, nel senso che posso isolare un fattore e monitorare cosa succede. Ma a parità degli altri elementi. E ipotizzando un lavoro eccellente da parte dei colleghi che operano nei settori limitrofi.

Il copy è solo una parte (importante)

Voglio dire, posso proporre un copy spettacolare. Ma non puoi pretendere i miracoli se la SEO non si muove nella giusta direzione, se i social fanno pena e se il design del sito chiude le porte ai clienti. Senza dimenticare che alla base della strategia deve esserci un prodotto o servizio di qualità.

Quindi, come suggerisce anche la Scuola della Gestalt, il tutto è più della somma delle parti. Secondo punto da evidenziare: parlare di ROI e copywriting senza specificare in quale ambito si opera è un’impresa eccessiva. C’è la scrittura prestata ai social, quella dedicata all’email marketing e quella che comprende il SEO copywriting.

Io, per una questione di coerenza, posso dare dei riferimenti legati al mondo del blogging. E alle piccole attenzioni che possono portare grandi risultati. Allora, iniziamo?

Pianificazione dei contenuti

La creazione dei contenuti per il blog ha bisogno di un’attenta pianificazione. Come suggerisco nel libro Fare Blogging, il piano editoriale segna una strada precisa per evitare di investire risorse inutilmente. Non si tratta di una gabbia, ma di un confine elastico: devi adattare la scrittura alle necessità del caso.

Il primo passaggio per adattare il copy del blog all’obiettivo ROI? Strutturare i contenuti intorno a obiettivi concreti, che fanno capo a un target. Anzi, per essere più precisi devi creare delle reader personas. Delle rappresentazioni che ti consentono di ritagliare gli articoli intorno alle necessità dei clienti.

inbound marketing

L’inbound marketing è questo: usare i contenuti per intercettare i clienti. Se vuoi influenzare positivamente il ROI devi scrivere articoli in grado di rispondere alle domande che le persone lasciano sui motori di ricerca, sui social e nei forum. Sembra difficile, vero? In realtà c’è un libro che svela tutti i passaggi: Inbound Marketing, le nuove regole dell’era digitale.

Un consiglio per lavorare nella giusta direzione? Considera anche obiettivi secondari. Non devi scrivere articoli solo per catturare l’attenzione dei potenziali clienti e portarli verso le landing page. Ci sono obiettivi secondari che sembrano scollegati dal ritorno economico, ma che hanno un ruolo decisivo nella strategia.

Tipo la conquista dei link in ingresso (link earning) o il lavoro di brand awareness. Ancora un esempio: tag title e description. Sono elementi fondamentali di una buona ottimizzazione SEO ma se sfrutti il copy in queste stringhe puoi fare molto. Ad esempio puoi usare la description per elencare dei benefit (spedizione gratuita) o delle leve persuasive (ultimi biglietti disponibili) che spingono il lettore verso il click. Qui poi inizia il percorso verso le pagine di atterraggio.

Da leggere: come catturare l’attenzione del lettore

L’importanza delle landing page

Il copy può influenzare il ROI se lavori bene sulle landing page. Ovvero le pagine con uno scopo ben preciso: trasformare il lettore in qualcosa di diverso. In qualcosa di più. Tutto dipende dall’obiettivo che devi raggiungere. Ci sono risorse per vendere un prodotto o un servizio, altre per catturare lead e altre ancora per raccogliere email dedicate alla newsletter.

Insomma, ci sono landing differenti per obiettivi diversi. E non basterebbe un libro per definire tutte le sfumature per ottimizzare il copy di queste pagine. Però questo non mi impedisce di individuare i passaggi che ti consentono di influenzare il comportamento delle persone sulle landing page (e quindi il ROI).

L’headline domina la scena

Il titolo deve catturare l’attenzione del lettore e lo deve fare subito, con una frase incisiva. Magari puntando su un problema, sulla necessità di risolvere un passaggio comune alle persone che vuoi raggiungere. Da qui il passaggio per ottenere dei risultati: ogni profilo ha una landing page, non puoi ottenere buoni risultati per 3 buyer personas con lo stesso documento.

Il sottotitolo approfondisce

Se l’headline punta al problema, il sottotitolo spiega e approfondisce. Dando una soluzione. La tua soluzione. Si tratta di un percorso che guida il lettore da una situazione di grande difficoltà allo scioglimento dei nodi grazie alle informazioni che lasci in questa risorsa.

I benefit convincono

Sempre più specifici, sempre più convincenti. L’above the fold della landing page deve colpire l’attenzione del potenziale cliente. Quindi c’è l’headline che propone il problema condiviso dal target, il sottotitolo che dà una risposta e i benefit che argomentano. Dando dei riferimenti chiari sul perché le persone dovrebbero scegliere la tua soluzione.

I testimonial confermano

C’è qualcosa di più efficace dei testimonial in una landing page? Non credo. O meglio, i testimonial possono fare la differenza perché fanno leva su uno dei punti essenziali del persuasive copywriting: l’autorevolezza. Questo principio è stato definito da Robert Cialdini: le persone si lasciano influenzare dalle parole di persone autorevoli. Non sempre è possibile avere dei testimonial capaci di rispettare quest’ultimo punto, ma l’importante è inserire delle voci reali (quindi niente testimonial fasulli).

Le call to action impongono

Impongono cosa? Un’azione specifica, qualcosa di utile per il tuo scopo ultimo. Ad esempio l’invio di una email con richiesta di preventivo, o il download di un PDF dopo aver lasciato l’email. Un contatto prezioso per inviare altri contenuti e offerte commerciali. La call to action può fare la differenza, è il luogo per eccellenza che ti permette di aumentare il ROI. Ma devi essere disposto a fare dei test, a cambiare formula pensando a come dare valore all’azione. La call to action deve esprimere la volontà di fare qualcosa, di ottenere un risultato. Lo ripeto, non esiste formula perfetta: solo i test ti possono dare una risposta.

Definizione dei flussi

Gli articoli sono importanti, ma non bastano per migliorare il rendimento del tuo blog. E per aumentare le conversioni. Da un lato ci sono gli articoli, dall’altro le landing page che permettono di trasformare i lettori in clienti. O in contatti utili.

Come si ottiene tutto questo? Con una gestione ottimale dei click che portano visite alle landing. In questi casi entrano in campo i micro-contenuti, stringhe di testo che possono fare la differenza. Di cosa sto parlando? Un esempio chiaro: i testi dei banner che si trovano nella barra laterale o nel footer dei post.

In questi casi vale lo stesso discorso relativo alla call to action. Devi far percepire il vantaggio di quel click, l’azione sul mouse deve essere un messaggio chiaro: “Sì, voglio accettare il tuo consiglio. Ho bisogno della tua soluzione. Hai capito il mio problema, dammi la tua idea”. Guarda l’esempio nella foto.

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Come fai a capire qual è la soluzione migliore? Google Analytics ti permette di valutare con attenzione l’organizzazione del traffico interno. Il rapporto sui flussi, ad esempio, è una rappresentazione grafica che ti consente di capire dove vanno le persone. Stesso discorso vale per gli obiettivi: con Google Analytics puoi tracciare i link e trasformare ogni click in un evento da monitorare.

La tua esperienza personale

Secondo te il copy può influenzare il ROI? In che modo? In questo articolo provo a fare il punto nel mondo del blogging, ma mi rendo conto che si può e si deve ampliare il discorso anche alla pubblicità online. Ad esempio con Facebook Advertising e AdWords. Sei d’accordo? Cosa vuoi aggiungere a questo articolo?

Riccardo Esposito

Sito personale : www.mysocialweb.it
Laureato in Scienze della Comunicazione, appassionato di scrittura online e offline, nemico giurato dei numeri. Lavora come blogger dal 2008 e dal 2012 ha abbracciato la causa freelance. Collabora con Webhouse e scrive ogni giorno sul suo blog My Social Web

Libri scritti da Riccardo Esposito

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