Cos’è un influencer e perché non ha bisogno di Klout

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La società americana di consulenza Mercer ha stilato la classifica delle città migliori in cui vivere; nel 2015 Vienna è salita sul gradino più alto del podio. Bingo! Tutti a Vienna a mangiare Sachertorte. In Italia invece è Ravenna a dominare la classifica stilata dal Sole 24 Ore e così la qualità della vita dei cittadini italiani è presto definita. Ad esempio io che vivo a Milano (posizione 8 della classifica) adesso so di stare peggio di chi vive a Ravenna e la cosa mi rattrista, poi però pensando che questa settimana andrò a Roma per lavoro capisco che c’è chi sta peggio (posizione 12). Perché ti ho fatto fare il giro d’Italia quando l’articolo parla di cos’è un influencer e di Klout?

Mi è comodo partire da un concetto legato al mondo offline come la classifica della qualità della vita, perché sintetizza alla perfezione il contrasto tra percepito e realtà. A volte il percepito è una conseguenza della realtà – una fotografia fedele – mentre altre si discosta parecchio ed è esattamente ciò che succede online quando parliamo di reputazione e influenza e cerchiamo di incasellare questi fattori in modo scientifico con un numero compreso tra 1 e 100.

Cos’è un influencer e come riconoscerlo

Quando nel 1955 Paul Lazarsfeld ed Elihu Katz teorizzavano il Flusso di Comunicazione a Due Livelli identificando la figura dell’Opinion Leader, non c’era internet e non c’era Klout, ma era molto chiaro che la potenza di impatto e di condizionamento di un messaggio non era attribuibile al media, ma alla capacità del singolo di farsi ascoltare e influenzare il ricevente su determinate tematiche. Questo faceva di lui un opinion leader. In pratica aveva una reputazione adeguata per farsi ascoltare e influenzare l’opinione di chi ascoltava, quello che veniva definito “opinion follower”. Che brutto vero? Termini come leader e follower in una comunicazione che non sembra assomigliare a quella bidirezionale dei social media di oggi (sì, sono ironico).

Eppure è innegabile che alcune persone hanno la capacità di veicolare un messaggio con efficacia, facendosi ascoltare e generando una reazione nel ricevente mentre altre no.
No, online non siamo tutti uguali (per fortuna).
E sì, un influencer è un opinion leader 2.0.

Riconoscere un influencer è semplice perché solitamente:

Ha un seguito solido

Non ho detto numeroso (benché 3 gatti che ti seguono non fanno di te un influencer), ma solido proprio per identificare l’intensità dell’interesse e la costanza.

Il suo parere è considerato

Siamo tutti “uguali”, ma su certi argomenti la voce di alcune persone ha più peso. È un dato di fatto. Questo non elimina contraddittorio o critiche (che spesso sono la conseguenza naturale di un pensiero influente), ma rende palese come in una comunicazione aperta e libera la capacità di suscitare interesse e seguito sia riservata a pochi.

Genera direttamente o indirettamente del business

La visibilità, il seguito e la considerazione degli utenti trovano una traduzione pratica in attività che sono misurabili economicamente (vendi libri, fai corsi, conferenze, trovi più facilmente clienti, ti vengono offerte sponsorizzazioni…).

Riesce a replicare offline le stesse dinamiche

Non ci comportiamo allo stesso modo sui social media e nella vita offline, ma il seguito, il rispetto e l’interesse generato su web trova un corrispettivo anche nei contesti offline. Questa è un’ottima occasione per verificare se ciò che abbiamo percepito dalla conta dei like, dei commenti e dei retweet è una grande illusione o smuove anche persone in carne ed ossa.

Perché Klout non serve

Sam Fiorella di Toronto è stato respinto a un colloquio di lavoro perché il suo Klout era troppo basso (34/100) eppure io continuo a credere che non serva granché condizionare la propria vita in funzione del miglioramento di quel valore.
Il valore indicato da Klout dovrebbe rispecchiare la capacità di Sam di creare contenuti e coinvolgere i suoi contatti generando interazione sui social network. Quindi, se quel 34 fotografa una situazione reale, il problema non è il Klout, ma il fatto che Sam parla da solo e non viene riconosciuto nemmeno da amici e parenti. Houston abbiamo un problema. Se invece quel 34 non riflettesse la realtà il problema è tutto nella testa di chi stava seduto dall’altra parte della scrivania e qui possiamo solo alzare le braccia ed arrenderci.

È evidente che per valutare la presenza, l’influenza e il seguito online di una persona abbiamo mille modi oltre al valore numerico del Klout. Per questo il mio consiglio è quello di ignorare completamente il valore numerico e di investire invece in attività che trovino un riscontro reale, in altri numeri e in altri valori.

Come essere un community builder di successo (diventando influenti)

Ho passato gli ultimi 5 anni cercando di costruire con attenzione la mia presenza online. Il mio target sono le PMI e i professionisti, il mio settore di attività è legato al marketing di contenuti e in particolare alla gestione di blog aziendali.

Oggi raccolgo i frutti di scelte precise: ho un pubblico a cui rivolgermi per promuovere le mie attività e il mio punto di vista su tematiche precise. Si tratta di una mailing list, di un gruppo Linkedin e della mia rete di contatti sui social media, tutte situazioni in cui sono attivo perché nulla è dato per scontato e il territorio va difeso ogni giorno, ma finché mi comporto bene so che lì qualcuno è interessato ad ascoltarmi, a leggermi e a offrirmi il suo tempo e la sua fiducia.

Se dovessi riassumere in poche righe il processo che mi ha portato a trovarmi oggi in questa condizione direi che si tratta di avere un focus preciso. Nel mare di distrazioni del web, comunicare diffondendo contenuti limitati a poche tematiche mi ha permesso di ricavarmi uno spazio preciso in cui operare.

Diffondere contenuti utili e rilevanti, avere un punto di vista preciso ed essere disponibile e pronto al confronto, mi hanno certamente aiutato, ma ritengo questi atteggiamenti l’ABC per essere presenti online. È invece la capacità di associare chiaramente pochi e precisi attributi al proprio nome che genera i risultati che fanno la differenza e che non sempre sono misurabili da Klout.

Per te è stato così? Oppure Klout ha fatto la tua fortuna?

Alessio Beltrami

Sito personale : blogaziendali.com
Consulente marketing e formatore specializzato in nuovi media. Oggi fornisce a PMI e professionisti una consulenza mirata a incrementare visibilità e vendite, sfruttando il blog aziendale come unico strumento di comunicazione e marketing.

Libri scritti da Alessio Beltrami

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