3 elementi che sembrano “inbound marketing” e invece sono fuffa

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Per chi come me lavora da anni nell’ambito del marketing (dedicando anni all’esperienza sul campo e all’aggiornamento continuo), sentire abbinare i termini inbound marketing e fuffa scatena tutta una serie di reazioni a livello emotivo, che spaziano dall’incredulità all’indignazione, dall’indifferenza all’obbligo di riscatto.

Quindi per evitare equivoci, fraintendimenti ed essere anche in minima parte d’aiuto nello smascherare i tanti ciarlatani in giro, ho scritto un libro sull’argomento e racchiuso in questo articolo tre elementi che in molti tenteranno di spacciare come inbound marketing ma che in realtà hanno l’odore della fuffa.

Inbound marketing e fuffa: 3 elementi per distinguerli

Ecco, è probabilmente il motivo principale per cui ho scritto il libro “I contatti servono se sai trasformarli in clienti ricorrenti”, disponibile in tutte le librerie online e offline dal 26 aprile, ma già reperibile sul sito Web In Testa cliccando qui!

Esistono già numerosi titoli a questo riguardo in ambito editoriale ma in questo caso il taglio è differente.

Infatti, ciò che un giorno mi ha spinto a scrivere la prima pagina di questo libro di inbound marketing, è proprio:

  • la necessità di illustrare agli imprenditori la potenzialità enorme dell’inbound marketing per assicurare una crescita (e continuità futura) alla loro azienda
  • la volontà di illustrare la tematica nell’ottica di una riflessione specifica, che vuole e deve far prendere le distanze dalla fuffa, affinché tanti benefici non vadano oscurati.

Attenzione la fuffa più pericolosa non è quella che fa rima con truffa (che almeno è lampante e riconoscibile). Mi riferisco a pratiche più subdole che comunque non hanno nulla a che fare con l’inbound marketing.

1. La presunta agenzia di inbound marketing che invia e-mail commerciali

Una contraddizione in termini. Costruire un workflow (sequenza di azioni automatizzate) di e-mail da inviare ai tuoi contatti per nutrire la tua relazione con loro è molto impegnativo. È il frutto di una serie di attività come:

  • analisi del target
  • segmentazione dei contatti
  • definizione degli obiettivi aziendali
  • selezione dei migliori contenuti da segnalare
  • scelta del tone of voice da utilizzare
  • studio delle CTA (Call-To-Action) da proporre

Tanto per citare le principali. La parola d’ordine è utilità/valore. Fornire informazioni e segnalazioni preziose per essere d’aiuto alla crescita del tuo business. Quindi, se hai appena ricevuto una e-mail per fissare direttamente un appuntamento con l’area commerciale, non è fuffa allo stato puro ma sicuramente non lavorerai in ottica inbound (si tratta invece del classico approccio “outbound” del marketing, ormai superato, delle chiamate/appuntamenti a freddo).

2. I messaggi sensazionalistici, i trucchi e le magie

Una cascata di “formule magiche”, “segreti”, “trucchi infallibili” che inonda purtroppo chi è in difficoltà economiche e farebbe di tutto per salvare l’azienda, incrementare le vendite, trovare insomma nuovi sconosciuti da trasformare miracolosamente in clienti che pagano cash.

Ebbene, in questo caso non c’è nulla che possiamo ricondurre all’inbound marketing.

Qui parliamo di opportunity seeker e forse anche dell’avventatezza di molti imprenditori che si affidano “all’occasione del secolo”, per cambiare le sorti della loro esistenza e rivoluzionare il fatturato annuo…in una settimana.

3. L’agenzia di inbound marketing “invisibile” sul web

Conoscere il tuo interlocutore è fondamentale per instaurare una relazione di fiducia: gli affari sono affari, anche la scelta del brand di inbound marketing. Anzi, soprattutto.

Perché essere esperti nell’attirare persone qualificate per la tua azienda da trasformare in clienti, significa avere risultati tangibili da dimostrare: il blog, i profili sui social media, le recensioni, il portfolio dei clienti.

In questa fase, un po’ di ricerche “investigative” sono necessarie: puoi scoprire molto su Linkedin, Twitter, Facebook, Google o il blog aziendale attraverso i commenti delle persone. Se invece non trovi nulla che comprovi la professionalità e l’efficacia della campagne condotte dall’agenzia in questione, è meglio cercare altrove.

Ma perché c’è chi collega l’inbound marketing alla fuffa?

Questo avviene a causa della flessibilità e dell’evoluzione della materia, che quindi porta molti fuffaroli ad approfittare della possibilità -che l’inbound marketing offre- di importare nuove tendenze, di innovare/rinnovarsi di continuo e quindi lasciare aperto uno spiraglio attraverso il quale intrufolarsi (e vantarsi ad esempio dell’ultima sensazionale scoperta).

Ebbene non è così, assolutamente non lo è. Organizzare una campagna di inbound marketing per attirare nuovi clienti verso la tua azienda e farli diventare ricorrenti nel tempo, richiede molto lavoro.

Condurre la campagna e raggiungere i primi obiettivi, richiede mesi di perseveranza.

Analisi iniziale accurata, scelta strategica degli strumenti e dei canali di comunicazione più adatti alla TUA azienda, produzione di contenuti di qualità, diffusione sui social media ma soprattutto test, report, analisi periodiche per ottenere finalmente dati concreti, reali, misurabili.

Nel modo più assoluto sconosciuti ai venditori di fuffa.

Emanuel Paglicci

Sito personale : www.ander.group
Emanuel Paglicci è General Manager di Ander Group. In Ticino, è il primo ad introdurre HubSpot e la metodologia Inbound, con 15 certificazioni acquisite. Autore del libro "I contatti servono se sai trasformarli in clienti ricorrenti" (edito Flaccovio), Co-docente del corso APF Specialista in Marketing (SMS School), Docente di Inbound Marketing presso la SSSE (Scuola Specializzata Superiore di Economia) di Bellinzona (CH), Keynote Speaker e relatore presso la Camera di Commercio del Canton Ticino.

Libri scritti da Emanuel Paglicci

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