L’analisi dei bisogni del cliente: andiamo oltre la piramide di Maslow

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Il marketing storicamente è nato per superare l’approccio per il quale le aziende, dopo avere realizzato i loro prodotti, si sarebbero dovute dare da fare per venderli utilizzando tecniche di vendita, pubblicitarie o comunque promozionali volte a spingere in un modo o nell’altro l’acquisto dei loro prodotti. L’idea di fondo, sicuramente di buon senso, è che forse era molto meglio cercare di capire prima con la maggiore approssimazione possibile cosa i clienti desiderassero, per poi progettare e realizzare prodotti sulla base di queste indicazioni.

Nacque così la ricerca di mercato per fare un’analisi dei bisogni del cliente: chiedere ai potenziali clienti come dovevano essere i prodotti per soddisfare al meglio i loro desideri, indagare con metodi quantitativi e qualitativi cosa si nascondeva nella mente dei consumatori per potere attivarsi e farli felici.

Ma ci sono due ordini di problemi. Il primo è che, come ama sostenere il Dr.House dell’omonima serie televisiva, tutti mentono. In altre parole, i consumatori, cioè ognuno di noi, ama dare un’immagine razionale e coscienziosa di se stesso, per cui cerchiamo di razionalizzare le motivazioni delle nostre scelte di acquisto, attuali e future, nascondendo spesso le reali motivazioni, di natura irrazionale o che riteniamo poco condivisibili, che ci spingono ad acquistare un prodotto invece di un altro.

Poi c’è il secondo ordine di problemi, quello legato all’incompetenza del consumatore di fronte alle possibili innovazioni. La storia di Hal Sperlich, l’ingegnere della Ford che aveva progettato la prima monovolume, è emblematica: siccome la Ford tendeva a basare le sue scelte circa i nuovi prodotti da sviluppare sulle ricerche di mercato, da queste non emergeva che ci fosse nessuna massaia americana che desiderasse un’auto che ancora non aveva mai visto. Sperlich alla fine passò alla Chrisler che realizzò la Voyager, la prima monovolume che, una volta lanciata sul mercato, le massaie americane, e molti altri, presto decisero di apprezzare e di acquistare.

Da questa storia si capisce come l’analisi dei bisogni del cliente o meglio l’analisi dei desideri del consumatore non può dare indicazioni circa l’innovazione di prodotto: al massimo può aiutare nella scelta di applicare piccole varianti ai prodotti che già esistono, il che costituisce la maggior parte dei lanci di marketing, che effettivamente è costituito da innovazioni per l’azienda, più che per il mercato.

A mio parere però, esiste anche un terzo ordine di problemi circa l’analisi dei bisogni dei clienti (o consumatori), e che non mi risulta sia stato ancora rilevato. Per spiegare di cosa si tratta devo fare ricorso al concetto di subcezione, utilizzato dallo psicologo Carl Rogers. L’esempio con cui Rogers spiega la subcezione è quello di un suo giovane paziente che soffriva di agorafobia: il giovane non riusciva praticamente ad uscire di casa senza cadere nel panico. Dopo una serie di sedute, emerse che la ragione di tale sintomo era dovuta al rifiuto inconscio del ragazzo di frequentare la facoltà universitaria che aveva scelto: in pratica l’inconscio del giovane aveva trovato un modo per realizzare il suo bisogno di evitare quel percorso universitario nonostante la resistenza della mente consapevole dello studente. Il bisogno di evitare era quindi subcepito dal giovane: il bisogno esisteva ma non veniva ammesso a livello cosciente.

La mia opinione, che ho espresso in Loveting! 127 Archetipi per il Management Olistico è che viviamo in una società che nel suo complesso ci insegna e ci spinge a subcepire i nostri bisogni profondi. Non credo che si tratti di una sorta di disegno preordinato dall’alto: penso invece che le aziende e i marketer subcepiscano a loro volta tali bisogni e che per questo non tendano a prenderli in considerazione.

Il motivo di questa subcezione collettiva richiede a sua volta l’utilizzo del concetto di comfort zone: una certa modalità di vita, centrata sulla soddisfazione di una serie di desideri che poco hanno a che fare con i bisogni profondi, ma che risulta molto più confortevole appunto, meno faticosa rispetto al cercare di soddisfare i bisogni profondi, che sono molto più impegnativi in termini di soddisfacimento.
Quello che è affiorato da Loveting! infatti è che i bisogni umani, così come categorizzati da Maslow nella celebre piramide, in realtà costituiscono una grande confort zone nella quale tutti insieme siamo immersi. I bisogni di sicurezza, stima, appartenenza, autorealizzazione sono in realtà i bisogni di una nostra parte della personalità che definirei infantile, che riesce a ragionare soltanto in termini captativi e ricettivi, ma non dativi. I bisogni profondi emersi da Loveting! hanno molto più a che fare con il dare che con il ricevere e credo possano essere ricondotti a quella parte della personalità, quella adulta e dativa, che ritengo siamo chiamati a sviluppare a meno che non intendiamo, come affermò Jung, rinunciare al nostro processo di individuazione e quindi rischiare di sprecare letteralmente la seconda metà della nostra vita.

Non mi stancherò mai di riportare quanto ha scritto Joseph Campbell a proposito di questo argomento e infatti ho posto questa citazione proprio all’inizio di “Loveting!”:

Ho una grande ammirazione per lo psicologo Abraham Maslow; tuttavia, in uno dei suoi libri, ho trovato una specie di scheda di valori per i quali le persone vivono, in base ad una serie di esperimenti psicologici. Sono: sopravvivenza, sicurezza, relazioni personali, prestigio, sviluppo personale. Mi sentivo così strano, a leggerla, senza capirne la ragione… finché non ho realizzato che questi sono esattamente i valori che la Mitologia trascende. La sopravvivenza, le relazioni personali, il prestigio, lo sviluppo personale, nella mia esperienza, sono esattamente i valori per cui una persona ispirata dal proprio Mito non vive. Essi hanno a che fare con gli aspetti biologici compresi dalla coscienza. La Mitologia inizia laddove parte la follia. Una persona davvero dedicata ad una chiamata, ad una missione, ad un credo, sacrificherà la propria sicurezza, persino la vita, le relazioni personali, il prestigio, non penserà neanche al proprio sviluppo personale; si abbandonerà completamente al proprio Mito. I cinque valori di Maslow sono i valori per cui vive chi non ha nulla per cui vivere.

Quello che ha scritto Maslow è un monito molto importante che riguarda il senso delle nostre stesse vite: rischiamo di impostare la nostra esistenza all’interno di una visione infantile dei nostri bisogni e possiamo evitare tale pericolo spingendoci nel Mito. Secondo la visione di Loveting! questo mito è il grande Mito dell’Amore. Esistono moltissime forme di amore: in Loveting! ne ho rintracciate, seguendo una logica archetipale basata sull’idea di inconscio collettivo proposta da Jung, ben 127, che corrispondono ad altrettanti bisogni umani profondi. Se dovessi proporre una sintesi, direi che il grande bisogno umano subcepito è quello di imparare ad amare, più che di essere amati. Il bisogno di considerare se stessi come parte di un qualcosa di più grande di noi. Il bisogno di una vita comunitaria con il resto della realtà che ci circonda.

Tutto questo, rapportato alla pratica di marketing, credo che costituisca un grande e nuovo terreno creativo nel quale ognuno abbia diritto di muoversi liberamente e in modo del tutto personale. Se dovessi dare un’indicazione pratica, potrei dire che io attualmente sto utilizzando una griglia di sedici bisogni profondi per l’analisi delle attività di marketing e branding che sto conducendo per lavoro.

Questa griglia di sedici bisogni corrisponde agli archetipi compresi tra 97 e 112 di quelli descritti in Loveting!, sedici bisogni che rappresentano un livello di riaggregazione che ritengo abbastanza pratico da utilizzare professionalmente. Comunque, quello che mi sento nuovamente di dovere sottolineare e di consigliare è: tenete presente che i bisogni dei consumatori, quelli profondi, stanno ben oltre la Piramide di Maslow e che esistono spazi immensi in cui lavorare per soddisfarli. Basta che siamo in condizione di avere il coraggio di smettere di subcepirli e non rinchiuderci a casa, o nella Piramide di Maslow, come il giovane paziente di Rogers.

Gianluca Lisi

Sito Web : Create Group
Consulente in Archetypal Branding e Marketing Transpersonale, facilitatore di gruppi co-creativi, docente presso Ninja Academy, co-founder di Create! Group con Mirko Pallera.

Libri scritti da Gianluca Lisi

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