Scrivere per il web: ma cosa legge davvero Google?

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C’era una volta la SEO primitiva. Per posizionarsi nei motori di ricerca per una determinata parola chiave, in tanti usavano la tattica del keyword stuffing, ovvero sceglievano la keyword d’interesse e la ripetevano fino all’esasperazione, nel titolo, nella description, negli h2 e mille volte nel testo. Questo modo di fare SEO è morto (per fortuna) perché Google si è evoluto e oggi punisce chi crea testi di questo tipo, premiando invece chi sa scrivere per il web nel modo corretto. Ovvero, chi sa scrivere contenuti pertinenti, oltre che interessanti.

Quando cerchi qualcosa su Google ti aspetti di trovare ai primi posti i contenuti migliori, cioè quelli più pertinenti alla tua ricerca. Fare SEO copywriting significa dunque creare contenuti pertinenti con le parole con cui vuoi farti trovare, e farsi capire da Google. Ma cosa capisce davvero Google e come fa a valutare la pertinenza di una pagina web?

Belle domande. Google non ha ancora la capacità di interpretare molti giudizi di valore presenti nel testo che scansiona, infatti è in grado di valutare solo in termini denotativi e non connotativi. Cosa significa? Significa che se ad esempio sto per scrivere un articolo per il web indicando che Pinco pallino è alto 1.45 cm, Google leggerà un’indicazione chiara che denota un’altezza; se invece scrivo che Pinco pallino è un tappo, Google non riuscirà a capire che Pinco pallino è basso e nemmeno che la mia valutazione lo connota negativamente.

Google riesce ad associare parole che conosce già mettendole insieme per comprendere l’intero testo e per farlo lavora su due livelli, ovvero quello della semantica lessicale e di quella frasale. Per farti capire meglio di cosa si sta parlando, ti consiglio di scaricare questo capitoletto tratto dal libro Manuale di SEO Gardening:

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In questo PDF troverai tutto ciò che ti serve per capire come avviene il processo di comprensione di un testo da parte dei motori di ricerca come Google.

Scrivere per il web: la parola a 3 SEO

Oggi la complessità degli elementi di valutazione di Google sulla pertinenza di una pagina è pazzesca e il SEO copywriter deve essere in grado di evolversi continuamente per non restare schiacciato dalla concorrenza ed emergere. Ho chiesto a 3 dei migliori esperti SEO italiani di fornirci qualche dritta sulla questione pertinenza: chi meglio di loro per aiutarci a ottimizzare un testo che Google possa comprendere appieno?

Ok, i SEO in questione sono Riccardo Mares (autore di Mamma posso spiegarti: lavoro nel web), Benedetto Motisi (autore di Interceptor Marketing) e Francesco Margherita (autore di Manuale di SEO Gardening). Ecco cosa hanno da dire a riguardo.

Come fa Google a valutare la pertinenza di una pagina web?

Riccardo Mares dice:

Con la verga del rabdomante, ovviamente nella sua configurazione digitale! Google cerca di intercettare la miglior risposta (risultato in SERP) per la domanda (query) analizzando elementi inpage e offpage. I fattori inpage sono sicuramente la pertinenza dei testi, valutati in base a:

  • loro posizione e codifica (html)
  • relazioni che riesce ad individuare tra query e testi in pagina.

Volendo approfondire ulteriormente, ciò che Google cerca non è la query che l’utente effettua, ma è la query riadattata da Google, cercando di individuare l’intento di ricerca più prossimo dell’utente, anzi più pertinente.
Magia? Più o meno: frutto di quintalate di storia informatica legata all’analisi dei testi e all’analisi delle relazioni tra parole e tra frasi. Un investimento massiccio che è ampiamente ammortizzato dal mondo pay di Google: più le risposte sono pertinenti, più la gente clicca, più Google guadagna.

Fattori offsite? Qualità dei link del sito e trust del sito, ovvero quanto quel sito risulta spesso pertinente per un certo argomento.

Passiamo la palla a Francesco Margherita:

La pertinenza in questo caso è la vicinanza semantica di un documento web rispetto a una query e più in generale a un ambito di ricerca. Google valuta la pertinenza per lo più sulla base di fattori endogeni, quindi interni al documento. La cosa interessante è che in effetti Google coglie i significati su base associativa e non interpretativa. Per questo motivo sono le co-occorrenze testuali all’interno del documento web a definire i significati, a escludere le polisemie e in sostanza a indirizzare la comprensione. A partire da questo passaggio si sviluppano le logiche di information retrieval. Altra cosa è la rilevanza di una pagina web rispetto a una query, che invece determina proprio il ranking che Google sceglie di assegnare ad un documento web perché ritenuto più meritevole. Qui, oltre ai fattori endogeni contano anche quelli esogeni come le menzioni e i link in ingresso da altri siti web.

Benedetto Motisi dice:

Il cuore è (ancora) la query. Se lo scopo di Google è quello di offrire la soddisfazione del bisogno che l’utente esprime attraverso la barra bianca della homepage più visualizzata del mondo, beh allora la pertinenza assume un ruolo fondamentale.

Google è in grado di valutare un documento come pertinente (a me piace utilizzare il termine caro a Bandler “congruente”) grazie a tutti i fattori che determinano il posizionamento sui motori di ricerca.

Si va dal banale – e sempre indispensabile – titolo fino ad addentrarsi nel campo dello sviluppo di un contenuto davvero utile o alla semantica tanto cara al nostro Francesco Margherita.

Non vanno mai dimenticate poi le menzioni esterne al nostro sito (anche senza link!) che qualificano il “documento”, ovvero la pagina di riferimento come la migliore soluzione possibile da offrire all’utente. Insomma, ci si fanno i corsi – e si ci scrivono i libri – proprio perché in poche righe è difficile stringere sui fattori che influenzano la pertinenza!

Un consiglio per scegliere keyword pertinenti da usare?

La parola nuovamente a Riccardo:

Le keyword più pertinenti sono quelle che, inserite in testi pertinenti, sono in grado di dare una risposta pertinente all’intento di ricerca (pertinente) dell’utente. Se l’utente cerca “Come si chiama il bastone del rabdomante” il testo più pertinente sarà quello che riuscirà a rispondere a quella domanda. Anni fa si strutturavano i siti pensando alle keyword: oggi le keyword sono la conseguenza, la risposta, agli intenti di ricerca.
La strumento più potente per una keyword analysis di qualità è l’accoppiata brain+brainstorming, ovvero cercare tutto lo scibile sulla risposta che dobbiamo dare. Successivamente si andranno a verificare la quantità di traffico (o meglio di ricerche) che quelle keyword “capostipiti” sono in grado di generare.

In aiuto alla ricerca di parole chiave pertinenti ci sono svariati strumenti: SemRush, Majestic SEO, AHrefs, UberSuggest, SuggestMrx, Google Trends Explore, Google Keyword Planner, Google Ricerche Correlate… insomma tanta roba. La capacità sarà poi quella di capire se quelle keyword sono davvero pertinenti, se possono portare traffico e se hanno dei regimi di concorrenza sostenibili.
Ma ora mi fermo: mica posso svelare tutto!

…e a Francesco:

Beh, chiaramente il fantasmagorico SuggestMRX del grande Riccardo Mares, che funziona con le api del suggeritore di Google più o meno come il Keywordtool.io o ubersuggest.org, tutti ottimi strumenti per intercettare parole chiavi secondarie (suggested). Queste keyword contengono sempre la principale data in input più un suffisso o un prefisso. Se ad esempio la chiave è ricostruzione unghie, questi tools possono restituire sia ricostruzione unghie gel (suffisso) che corsi ricostruzione unghie (prefisso). Poi ci sono le chiavi correlate, che trovi spesso tra quelle suggerite attraverso il keywordplanner tool di Google o al fondo di quasi tutte le SERP risultanti da una ricerca organica. Queste chiavi sono pertinenti, pur non contenendo sempre la chiave principale. Molto interessante anche Google Trends Correlate, sebbene abbia un funzionamento anomalo, perché ti suggerisce parole chiave del tutto scorrelate, ma accomunate dal fatto di avere un trend simile tra loro. Quanti esperimenti…

E concludiamo con Benedetto:

Sono un fan del listening. Il modo migliore per tirare fuori le domande degli utenti da intercettare è, banalmente, starli ad ascoltare nei luoghi dove nascono le discussioni (social, forum, blog) e poi comparare con i tool che possono espandere e quantificare queste ricerche.

In questa fase, il mio trittico preferito è composto da SEMrush, Ubersuggest e /o il suggest di Merlinox aka Riccardo Mares. Ovviamente accompagnato da un trittico ben più gustoso, quello degli affettati : )

Scherzi a parte, è la mia fase preferita, in quanto c’è tanto da analizzare e c’è un po’ di marketing e sociologia dietro!

In definitiva se vuoi scrivere per il web nel modo corretto dovresti scegliere bene i topic da sviluppare attraverso lo studio non solo delle parole chiave principali ma anche di quelle secondare e delle co-occorrenze, altrimenti diventa come giocare alla lotteria. Sarà pure divertente ma di certo poco fruttuoso…

Redazione

Coltiviamo la passione per il Web portando avanti i progetti editoriali di Web Book e di webintesta.it ma coscienti di non essere dei guru come i nostri autori. Abbiamo molte cose da imparare ma sicuramente molte altre da insegnare.

Nessun libro disponibile.

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