Come la diffusione di IoT sta trasformando la nostra vita

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Proprio in questi giorni l’Italia sta progressivamente uscendo dalla lunga parentesi della quarantena COVID-19, la pandemia che in pochi mesi, a partire dalla fine del 2019, sta cambiando il mondo come non avremmo mai immaginato potesse accadere.

Di colpo incontrarsi fisicamente è diventato un rischio impossibile da sostenere, perché questa nuova forma di Coronavirus ha caratteristiche estremamente insidiose e difficili da diagnosticare in tempo utile per prevenire il contagio e i suoi danni.

Dopo la tragedia cinese di Wuhan e quella lombarda del Lodigiano e del Cremonese, mentre gli sviluppi della situazione nella bergamasca e nel bresciano viaggiavano ancora sotto traccia, l’OMS ha aperto uno scenario che gran parte delle nazioni del Pianeta ha posto in essere attraverso il lockdown. Una chiusura diffusa delle attività che ha bloccato milioni di aziende e costretto i loro dipendenti e collaboratori a forzare il passaggio a quello smart working di cui si favoleggiava da almeno un decennio, ma che soltanto questo maledetto virus ha saputo davvero stimolare.

SMART WORKING

Ma è davvero questo che stanno ancora oggi facendo molte aziende? Oppure c’è qualcosa in più, oltre a Skype & Co.? In realtà ciò che la maggior parte di noi ha fatto durante il lockdown può più che altro essere definito remote working, ovvero un mix di strumenti e modalità di lavoro che sono una buona spanna al di sotto di ciò che definiamo smart working.

Per parlare davvero di questo manca il passaggio (non da poco e non per tutti) a una vera organizzazione del lavoro che comprenda processi, strumenti, pianificazione e, soprattutto, cultura del lavoro “smart”. Essa prevede infatti un modello organizzativo che interviene in modo massiccio nel rapporto tra individuo e azienda e che non fa più riferimento ad un orario o un luogo di lavoro predeterminati, ma lascia autonomia decisionale a dipendenti e collaboratori, in funzione del risultato e degli obiettivi da perseguire.

Ben più delle decine di call cui siamo ormai abituati, dell’utilizzo di piattaforme in cloud come quella offerta da Google (e che per moltissimi si limita ancora a Drive e Docs) e della condivisione di calendari in rete con i colleghi.

IOT

Uno scenario, quello dello smart working, in cui anche gli oggetti intelligenti e connessi avranno un loro ruolo. Tra qualche anno le auto a guida autonoma potranno diventare dei veri e propri uffici mobili, ad esempio, ma senza andare così lontano sappiamo già quanto su questo influiscano smartphone, tablet, laptop e molti altri dispositivi che portano il lavoro fuori dagli uffici, interfacciandosi con tecnologie abilitanti come la rete mobile (in arrivo quella 5G) e il cloud.

Nei prossimi mesi e anni la diffusione di IoT trasformerà ancora la nostra vita e il nostro lavoro, che potrà contare su nuove tecnologie e nuovi strumenti, ma anche in questo caso è il cambiamento culturale che farà la differenza. Grazie a internet of things ci sarà verso un futuro che è già presente, ma che ancora oggi tiene i piedi ben affondati nel passato, dove trova certezze e un mantra difficile da sradicare: abbiamo sempre fatto così e ha sempre funzionato. Un mantra che pecca di lungimiranza e che non tiene conto di un fattore fondamentale: funzionare non significa più soltanto far tornare i conti in termini economici, ma far quadrare un bilancio che vede sempre più al centro una sostenibilità che non è soltanto intesa in termini ambientali.

L’era del green washing è al tramonto, infatti, e quando si parla di sostenibilità si tiene oggi conto di molti e diversi fattori e parametri tra cui, attualissimo, quello della salute dei dipendenti e della loro sicurezza, che in questa delicata fase ha tenuto tutti ben lontani dai luoghi di lavoro.

RIVOLUZIONE DIGITALE

La battuta d’arresto della pandemia sta rappresentando un vero punto di svolta anche per la cosiddetta rivoluzione digitale. Un processo che i più ottimisti danno già per prossimo al compimento, ma che è lontanissimo dal concretizzarsi appieno. Tecnologie, strumenti e processi sono infatti una parte del fiume da guadare e purtroppo non quella più prossima alla riva dalla quale siamo partiti.

Come direbbe ancora una volta Massimo D’Azeglio, pertanto, quando il “Paese digitale” sarà fatto bisognerà iniziare a formare veri cittadini digitali. Lo vediamo in modo chiarissimo con i cosiddetti “nativi digitali”, che padroneggiano gli strumenti ma non hanno alcuna consapevolezza rispetto al senso di questa enorme opportunità.

Quello che sembra mancare è infatti l’abc: l’abissale differenza tra una civiltà analogica e una digitale è nella capacità della seconda di essere davvero e fino in fondo data driven e la sfida epocale che sottende a questo cambiamento è legata alla capacità di lasciare spazio alla nostra umanità in un contesto fortemente orientato alla razionalità, al calcolo e alla pianificazione.

Quando la rivoluzione digitale sarà compiuta niente di ciò che faremo sarà più lasciato al caso e ciascuna delle nostre scelte deriverà dall’analisi dei dati e del contesto. Saremo allora diventati delle macchine? Certamente no, se il nostro livello evolutivo e la nostra maturità ci consentiranno di scegliere in funzione del bene comune, nel pieno rispetto del Pianeta e con la consapevolezza che essere umani non è una condanna alla finitezza e alla caducità, ma un’opportunità e un dono dal valore inestimabile.

Claudio Gagliardini, in libreria insieme a Franz Russo con “IoT e nuovo Marketing”, anche in versione ebook, e di cui ti proponiamo l’esclusiva video intervista realizzata per te dalla nostra casa editrice!

 

Claudio Gagliardini e Franz Russo

Claudio Gagliardini, formatore e relatore in social media e digital PR, è co-fondatore della digital agency seidigitale.com.
Franz Russo, ha collaborato con grandi aziende nazionali e internazionali. Si occupa di formazione, anche per le aziende.

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