Cosa accidenti è la semantica applicata alla SEO

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Ogni tanto qualche collega ci ricorda che quando parliamo di semantica applicata ai motori di ricerca, dobbiamo tener conto solo dei protocolli per i dati strutturati, lasciando perdere tutto quello che attiene al significato delle parole che inseriamo nei testi delle nostre pagine web.

Ma di che stiamo parlando? Cos’è la semantica applicata alla SEO?

Se la semantica è lo studio del significato delle parole, la semantica applicata alla SEO deve riguardare in qualche modo le pratiche attraverso le quali possiamo facilitare la comprensione da parte dei motori di ricerca, di quello che pubblichiamo. A questo punto la domanda è: come faccio a far capire “meglio” a Google che il mio sito web vende tavoli e sedie? Ci sono due strade, una è accettata dalla comunità dei SEO, l’altra no, cioè sì, solo che se la chiami semantica, s’incavolano!

Dati strutturati

Tutti i SEO sono concordi nel dire che un web fatto di dati è più facilmente comprensibile da un motore di ricerca programmato per leggere informazioni e non interpretarle. I SEO inseriscono a tal proposito i riferimenti necessari per “imbrigliare” le diverse entità (oggetti di conoscenza come titoli, prezzi, nomi etc) all’interno di markup strutturati, vale a dire tag codificati secondo protocolli riconoscibili da Google, il più noto dei quali è forse quello creato da schema.org.

Un dato “strutturato” è più facile da comprendere e quindi può (ho detto può, non deve) ottenere un posizionamento migliore rispetto a quello di un sito web strutturato con approssimazione, quindi poco comprensibile.

Entità in senso lato

Qui i SEO si incattiviscono seriamente e in modo feroce. Guardando la SEO in senso olistico, quindi astraendo da qualunque regola scritta, documentata e dichiarata a più voci da Google stesso, possiamo pensare ad un’entità come a un qualunque oggetto di conoscenza, proprio qualunque, anche una parola chiave, anche un brand name, anche un semplice termine, insomma, tutto tutto tutto. Le singole entità, messe in relazione (o associate) tra loro, generano significati che Google riesce a comprendere, non a interpretare, a comprendere.

Se quindi tante persone menzionano un brand name insieme a una parola chiave all’interno di commenti “scansionabili” da Google, il motore di ricerca dovrà prendere atto che esiste una relazione tra quel brand e quella parola chiave. In questo senso Google coglie nella co-occorrenza un significato e lo fa per semplice associazione, non ci sono riti vudù, l’algoritmo fa semplicemente 2 + 2.

Questo processo favorisce il posizionamento? No, favorisce la comprensione. Se poi a partire da qui si riesce a far capire a Google che gli utenti ritengono importante quel marchio rispetto a quella parola chiave e se quest’importanza viene sancita anche da altri segnali, come un aumento delle ricerche per query di brand o termini associati o un incremento dei vecchi sani backlink, allora la semplice comprensione può diventare posizionamento organico, altrimenti si limiterà a favorirlo.

Quando parlo di SEO semantica non faccio altro che riflettere sui meccanismi in base ai quali Google associa le parole nei documenti web per stabilirne il significato. Se tali meccanismi non esistessero, non avrebbe senso lavorare per scrivere i contenuti più accurati possibile.

Non vogliamo chiamarla SEO semantica? Chiamiamola “copywriting ballerino” o come diavolo ci pare… infondo da quello che mi par di leggere in giro, le parole non sono così importanti.

Sul serio, non mi interessa. A me basta che funzioni.

Francesco Margherita

Sito personale : SEO Garden
Sociologo, scrittore, musicista, assistente alla cattedra di Comunicazione, Marketing e Pubblicità presso l'Università Federico II di Napoli, offre consulenza e formazione SEO e cura il blog SeoGarden.net.

Libri scritti da Francesco Margherita

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